Slator, il celebre magazine online sull’industria linguistica, ha pubblicato nei giorni scorsi un articolo quanto mai interessante per il nostro settore. Il testo analizza e confronta le diverse prospettive riguardanti l’etica del traduttore, concentrandosi in particolar modo sulla sua rilevanza pratica.
Questo argomento, spesso poco considerato all’interno dell’industria dei servizi linguistici, è tornato alla ribalta negli ultimi anni. Promosso dalle innovazioni tecnologiche e dallo sviluppo di un mercato globale, il mondo degli LSP è mutato frequentemente nell’ultimo decennio. Cambiamenti che hanno causato l’eterogeneità attuale in termini di qualità e processi traduttivi.
In un paese come l’Italia, dove manca un albo professionale di riferimento, l’etica del traduttore riveste un ruolo essenziale nel garantire i requisiti essenziali della professione.
In questo, le agenzie di traduzione come ASTW rivestono un ruolo fondamentale nello stabilire, all’interno del proprio team di traduttori inhouse e freelance, le precise competenze linguistiche e professionali necessarie per raggiungere gli standard qualitativi in grado di garantire e tutale i clienti.
Inoltre, le associazioni nazionali come AITI e ANITI promuovono e sviluppano la collaborazione tra professionisti, basando il proprio operato sul codice deontologico da loro redatto e divulgato.
Ma tutto questo è sufficiente a impedire pratiche scorrette e dannose?
Insegnare l’etica del traduttore
Lo spunto principale che emerge dall’articolo è senza dubbio l’importanza che l’etica del traduttore riveste nel mercato. Mercato che si arricchisce di anno in anno grazie ai giovani studenti laureati. In quest’ottica di continuo ingresso di nuovi attori, le Università devono prendersi carico non solo della loro preparazione in termini di competenze linguistiche e traduttive: l’etica deve deve avere un ruolo di rilievo.
Georgios Floros, professore associato dell’Università di Cipro, sottolinea infatti come spesso gli istituti formativi siano carenti su questo tema, escludendo dai programmi di formazione le questioni etiche legate al nostro lavoro. Correndo così il rischio di lasciare gli studenti impreparati al mondo professionale, con la conseguente possibilità ledere il mercato.
All’interno di un suo articolo, Ethics of translator and interpreter education, il professore suggerisce un aumento di interazioni tra il mondo accademico e l’industria dei servizi linguistici. Questo per fornire agli studenti una panoramica delle sfide quotidiane affrontate dai traduttori, procurando loro un “arsenale” di specifiche conoscenze etiche e professionali.
Sulla stessa linea di Floros vengono citate le professoresse Mona Baker e Carol Maier, provenienti rispettivamente dall’Università di Oslo e dalla Kent State University. Le docenti propongono tre suggerimenti chiave per l’insegnamento dell’etica del traduttore agli allievi:
- fornire a questi ultimi le basi teoriche dell’etica, stimolando il ragionamento critico sulle implicazioni e conseguenze delle decisioni prese dal linguista.
- permettere agli studenti di identificare delle strategie potenziali da applicare a situazioni complesse e delicate.
- promuovere il dibattito tra colleghi, creando così un ambiente di condivisione.
Voi cosa ne pensate? Su cosa basate la vostra etica professionale? Fatecelo sapere nella sezione commenti dei nostri canali social!
Foto di Andrea Piacquadio da Pexels