L’eccessiva presenza della lingua inglese può influenzare negativamente il mondo delle scienze cognitive? È questo il quesito alla base di una ricerca pubblicata di recente da un team composto da ricercatori provenienti dai migliori istituti internazionali (tra cui Harvard e Purdue University).
Lo studio si fonda quindi su un dato di fatto ben noto alla comunità scientifica, ovvero la predominanza della lingua anglosassone all’interno delle scienze.
Ne avevamo parlato in un nostro articolo pubblicato ad aprile, Il ruolo centrale della traduzione nella ricerca scientifica, il quale riportava la diffusa preoccupazione per gli effetti negativi che questa presenza eccessiva potrebbe comportare.
Si stima, ad esempio, che le ricerche condotte in lingue diverse dall’inglese, potrebbero ampliare la copertura geografica sulle biodiversità fino al 25%. Portando il numero di specie dal 5 al 32%.
Nel testo inoltre venivano citate le parole del ricercatore dell’Università del Queensland Tatsuya Amano, capaci di esprimere pienamente il concetto odierno.
“Le barriere linguistiche hanno gravi conseguenze nella scienza, causando disuguaglianza per le comunità sottorappresentate e rendendo inaccessibile le conoscenze veicolate da queste lingue. Collaborare con parlanti di più lingue durante la ricerca può aiutare a contrastare questo pregiudizio. Gli autori dovrebbero essere incoraggiati dai loro editori e revisori a identificare e citare la letteratura pertinente in altre lingue, ove applicabile”.
L’utilizzo massivo dell’inglese e le sue possibili conseguenze non sono dunque un argomento inedito. Tuttavia, la ricerca alla base del nostro articolo di oggi pone la lente su una sfumatura particolare di questa influenza: il sovracampionamento (over-sampling) nelle scienze cognitive.
O per dirla con le parole dei ricercatori, le modalità con cui “le caratteristiche particolari dell’inglese e le abitudini linguistiche degli anglofoni influenzano il campo“.
Linguaggio e scienze cognitive
“Gli scienziati di lingua inglese esplorano la natura della mente umana studiando altri individui di lingua inglese nei paesi di lingua inglese”.
Con queste parole, presenti nell’abstract della ricerca, gli autori introducono agli effetti negativi che un’eccessiva presenza di letteratura scientifica inglese, e l’over-sampling in essa presente, possono avere sulle scienze cognitive.
La lingua è direttamente collegata alle classificazioni cognitive che influiscono sull’apprendimento, sulla risoluzione dei problemi e sul ragionamento.
Il linguaggio è inoltre strettamente legato a concetti sensoriali, relazioni spaziali, rappresentazione numerica, genere, eventi di movimento, causalità e qualsiasi concetto rappresentato (o meno) con le parole.
Le caratteristiche della lingua parlata condizionano dunque le facoltà mentali e cognitive dell’individuo. I suoni, i diversi sistemi di scrittura, i vocaboli e la sintassi variano da lingua a lingua e sono capaci di influenzare i parlanti e la ricerca a essi collegata.
Concentrarsi su un solo sistema linguistico, dunque, risulta quantomai limitante. Proprio come è impossibile tradurre accuratamente un concetto che non esiste in una lingua target, i risultati delle scienze cognitive che si basano in gran parte sull’inglese non possono essere condivisi universalmente.
E se la soluzione più ovvia è spesso quella più accurata, per ovviare a questi problemi i ricercatori suggeriscono di includere nella ricerca diversi sistemi linguistici.
Utilizzando, ad esempio, database linguistici aperti, coinvolgendo parlanti di lingue diverse dall’inglese, conducendo studi interculturali e aumentando la collaborazione tra le istituzioni anglo-centriche e quelle internazionali.
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