All’interno di un articolo pubblicato la scorsa settimana – Gli effetti negativi dell’inglese sulle scienze cognitive – abbiamo trattato il tema relativo alla forte presenza della lingua inglese nel mondo scientifico. Analizzando le possibili conseguenze negative di una costante così fortemente radicata, legata per sua natura all’origine e alle aree geografiche in cui i ricercatori operano, è sorto spontaneo un dubbio relativo al nostro mondo: dove operano i linguisti più influenti?
Facciamo un passo indietro.
Nel testo dell’articolo, visionabile al link inserito nel primo paragrafo, veniva riportato uno studio incentrato sull’influenza che il Paese nel quale si svolge l’attività di ricerca, e conseguentemente il sistema linguistico utilizzato, possono esercitare sulla ricerca stessa.
Gli autori, analizzando il campo delle scienze cognitive, sottolineavano che “gli scienziati di lingua inglese esplorano la natura della mente umana studiando altri individui di lingua inglese nei paesi di lingua inglese”.
Operando noi nel campo dei servizi linguistici da oltre 10 anni, è stato naturale chiederci quanto questa affermazione possa riguardare anche il mondo della linguistica.
Un dubbio che doveva essere risolto.
Ed è nel corso delle nostre indagini che ci siamo imbattuti nel contributo di Rocio Txabarriaga, scrittrice multilingue e Senior Research Analyst per Slator. Nell’articolo, visionabile qui, vengono mostrati i 300 linguisti presenti nella classifica degli scienziati “più citati al mondo”, e quindi, per logica conseguenza, i più influenti.
I linguisti più influenti: i dati
Nel suo testo Txabarriga riporta il dataset pubblicato agli inizi di ottobre da Elsevier BV.
La classifica è determinata dal numero di volte in cui gli scienziati di tutto il mondo sono citati in pubblicazioni diverse dalla propria. L’autrice, nella redazione del proprio contributo, ha selezionato il sottocampo “lingue e linguistica” alfine di ottenere una classifica esclusiva dei linguisti classificati.
Da qui, la nostra ricerca prende una strada diversa rispetto a quella intrapresa dalla scrittrice, per individuare le nazioni nelle quali i linguisti svolgono i propri studi.
La lista comprende esattamente 243 studiosi, di cui 54 (il 57% dei primi 94 esperti) lavorano nell’elaborazione del linguaggio naturale e nell’intelligenza artificiale.
Il primo dato che traspare dall’elenco è che i primi due nomi, John Heritage e Noam Chomsky, rispettivamente della University of California e del MIT, lavorano per istituzioni con sede negli Stati Uniti.
I successivi 29 linguisti operano per università europee, mentre il primo studioso al di fuori della sfera di influenza composta da USA e Unione Europea è il numero 32 della classifica, Robbie Goh per la National University of Singapore.
Trend che si ripete approssimativamente con le stesse proporzioni per l’intero elenco. USA, Regno Unito e Germania sono le nazioni che compaiono con maggiore frequenza nel dataset.
Come interpretare i risultati?
La differenza che emerge più distintamente rispetto alla ricerca condotta sulle scienze cognitive è la varietà di lingue parlate in questi Paesi. La ricerca infatti mostrava come l’influenza esercitata fosse dovuta alla lingua parlata nelle aree di lavoro dei ricercatori, ovvero l’inglese.
Qui possiamo notare un contesto notevolmente più variegato.
La presenza di sistemi linguistici diversi era forse prevedibile, vista la natura degli studi condotti.
I risultati della ricerca mostrano infatti un’apertura verso lingue e nazione differenti, capaci di arricchire il campo della linguistica con prospettive sempre diverse.
Tuttavia, vogliamo lasciare a voi lettori l’arduo compito di trarre le conclusioni.
La presenza di Università e istituti di ricerca di nazioni differenti è una condizione imprescindibile per garantire l’eterogeneità della ricerca? I Paesi nei quali vengono condotti gli studi influenzano i temi trattati?
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Foto di Aaditya Arora da Pexels