Hanno fatto molto discutere le riflessioni di Silvia Pareschi a seguito di un convegno in Senato, nelle quali ha parlato del proprio mestiere di traduttrice letteraria, dell’incombente sfera di influenza dell’intelligenza artificiale sui lavori creativi e dei pericoli della “qualità accettabile”.
Pareschi è una delle traduttrici letterarie più apprezzate da pubblico e case editrici. Ha tradotto opere come Le correzioni di Jonathan Franzen, Paranoia di Shirley Jackson e Il vecchio e il mare – Nuova edizione di Ernest Hemingway. È inoltre la scrittrice di I jeans di Bruce Springsteen e altri sogni americani.
Come riportato da La Stampa, e dalla stessa Pareschi tramite il proprio profilo twitter, l’input è arrivato nel corso di un convegno tenutosi in Senato dal titolo “L’intelligenza artificiale e il futuro della diversità culturale”.
“Mi restano cinque anni, mi è stato detto. Cinque anni per continuare a svolgere il mio mestiere, la traduzione letteraria, prima di venire sostituita da una macchina che sarà in grado di tradurre esattamente come me”. Sono queste le parole riportate da svariati canali di informazione capaci di stimolare i timori di traduttrici e traduttori, che hanno visto nel concetto di sostituzione il pericolo maggiore.
In linea generale, quando si parla di traduzione automatica si fa riferimento ai campi della traduzione dove la creatività umana riveste un ruolo marginale. Se non addirittura assente.
Parliamo delle traduzioni tecniche e settoriali, dove il focus risiede nella precisione del testo, nel rispetto dei requisiti di settore, nell’accuratezza terminologica e, va da sé, semantica.
Come già affermato in passato, in tutti questi ambiti il gold standard è a oggi rappresentato dalla cooperazione uomo-macchina, dove l’ultima parola spetta al professionista.
Ma quali sono i pericoli nella traduzione letteraria?
La qualità accettabile sarà il futuro?
Sempre riportando quanto affermato da Pareschi: “Il pericolo più immediato, tuttavia, è che passi il principio della good enough quality, ovvero della qualità accettabile: tradurre un libro con l’IA sarà più veloce e costerà meno, e se la qualità ne risentirà pazienza, la rana si abitua in fretta all’acqua bollente”.
I progressi tecnologici, anche in ambito linguistico, sono sovente indirizzati al risparmio.
L’implemento della machine translation garantisce una riduzione dei costi e delle tempistiche legate al processo di traduzione. Riduzione che, nei settori sopracitati e con la presenza di un linguista umano, non inficia negativamente la qualità del testo.
Tuttavia, secondo gli esperti del settore, lo stesso non si può dire per la traduzione letteraria.
Quando si traducono opere di questa natura, non è solo l’aspetto testuale a catturare la concentrazione del linguista. Occorre tradurre le emozioni, il ritmo, le pause, le scelte stilistiche dell’autore e ogni altra sua sfumatura.
Un compito che richiede uno sforzo cognitivo e una sensibilità del tutto umane e che rendono la presenza del traduttore una condizione imprescindibile. Desta quindi stupore l’idea che un’intelligenza di natura artificiale possa sostituirne le doti, sebbene considerando gli sviluppi repentini di cui siamo stati testimoni negli ultimi tempi, un arco temporale di 5 anni potrebbe portare l’IA al raggiungimento di traguardi a oggi impensabili.
Ad ogni modo, sempre secondo Pareschi, sarà la qualità a risentirne, ipotizzando uno scenario futuro in cui il mercato verrà suddiviso in due fasce: “una di massa in cui le traduzioni saranno generate dalle macchine [con una qualità considerata accettabile], e una d’élite per chi vorrà traduzioni fatte da umani”.
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Foto di Polina Zimmerman da Pexels
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