This is not a love song
Per il mio primo post ho pensato di rompere il ghiaccio partendo da un argomento facile. La prima idea che mi è venuta? Lo stress sul lavoro. Pro: mi sento decisamente ferrata in materia. Contro: sull’argomento credo sia già stato detto tutto il possibile. Il web è saturo di articoli infarciti di suggerimenti per mitigare lo stress e migliorare la gestione del tempo. Una nuova scuola di pensiero suggerisce addirittura di accettare lo stress valorizzandolo come risorsa anziché combatterlo. Saltando di link in link ho pensato: perché diamo per scontato il binomio lavoro/stress?
Ho analizzato la mia giornata tipo, ho provato a ritornare nei panni della freelance, ho raffrontato la mia posizione di allora con quella attuale di dipendente, ho soppesato i rispettivi vantaggi e svantaggi, ho provato a immedesimarmi nei traduttori che lavorano in settori diversi da quello brevettuale… dopodiché, in preda a un mal di testa lancinante, ho pensato fosse meglio rivolgere quella domanda a me stessa e rispondermi in modo onesto.
Parto dal presupposto che una persona scelga di fare il traduttore, fra tante altre professioni, perché le piace farlo. Non si tratta sempre del sacro fuoco della passione, ma faccio molta fatica a immaginare qualcuno che lo faccia tanto per fare qualcosa, o semplicemente perché lo sa fare, o per i guadagni esorbitanti (sic). Per me è stato così: una scelta d’amore. Indipendentemente dall’argomento e dal tipo di testo, quello che ho sempre amato della traduzione è il passaggio: tra lingue, tra sistemi di pensiero, tra piani dimensionali. Ma sappiamo perfettamente cosa succede all’amore se ci si lascia andare all’abitudine, alla sciatteria della quotidianità.
La mia crescita professionale è stata graduale e costante, ma qualcosa si è perso per strada. Credo sia quello che accade a molti quando una passione diventa un lavoro: scadenze, consegne, commercialista, scadenze, urgenze, straordinari. Agitare prima dell’uso e ripetere. Assumere quotidianamente. Può provocare stress. E lo fa, infallibilmente. “Fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita”: lungi da me confutare Confucio, ma non ne sono più così tanto sicura. Eppure ci sono ancora quelle giornate in cui, nonostante la stanchezza, concentrarmi su una frase che “non è uscita bene” per limarla e renderla migliore mi fa sentire una supereroina. Allora forse non è ancora tutto perduto… Sì, ma nella realtà di tutti i giorni mica puoi stare lì a soffermarti sulla parola perfetta: hai una deadline e la devi sempre rispettare, facendo sempre del tuo meglio, certo, ma non c’è sempre tempo per fare gli esteti della lingua. Chi fa questo lavoro conosce fin troppo bene questo conflitto: le soluzioni sono tantissime e diverse, probabilmente una per ognuno di noi.
Il saggio Confucio diceva anche: “Poiché vogliamo insegnare agli altri la via della virtù, incominciamo dall’entrarvi noi medesimi, e ci seguiranno.” Ecco cosa voglio fare: impegnarmi a diventare una linguista migliore, più ispirata e curiosa, insomma: riaccendere la passione trovando nuovi stimoli. Tutto questo, s’intende, continuando a portare a casa la pagnotta e senza interpellare terapeuti di coppia.
Ho deciso che imparare una lingua nuova sarebbe stato l’inizio perfetto per il mio percorso di rehab. Ne ho scelta una che mi affascinava da tempo e che anni fa avevo provato ad affrontare da autodidatta, con risultati piuttosto deprimenti. Quale? Ve lo racconterò la prossima volta ?

Letizia Merello esordisce come aspirante traduttrice letteraria e finisce per specializzarsi in traduzione scientifica passando per il settore turistico e cosmetico, infine approda alla traduzione brevettuale. È entrata nel team di ASTW nel 2015, dopo diversi anni di esperienza come traduttrice freelance. Specializzata in traduzioni tecniche e scientifiche ma appassionata di traduzione letteraria, sfrutta al meglio la sua “doppia personalità” nei progetti più creativi.
L’illustrazione di copertina è di Claudia Plescia.
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