Srce
Facciamo finta di esserci lasciati (felicemente) alle spalle i convenevoli sulle feste, l’anno nuovo, i chili presi e andiamo dritti al gigantesco cliffhanger con cui vi avevo lasciati: la nuova lingua che sto imparando. ?
Da qualche mese sto studiando il serbocroato. Dato che le cose semplici non mi sono mai piaciute, mi sono scelta una lingua che pone dall’inizio un problema non trascurabile. Le scuole di pensiero sono due: una sostiene che serbo, croato, bosniaco e montenegrino siano quattro lingue a sé stanti, l’altra che siano quattro varianti della stessa lingua. Senza alcuna pretesa di avere la verità in tasca, ho deciso di sposare quest’ultima, pensando a una frase del sociolinguista Max Weinreich: “Una lingua è un dialetto con un esercito ed una marina”.
Le lingue dalle quali traduco per lavoro sono inglese e francese; studio entrambe dalla prima media, e per giunta sono sempre andata bene (addirittura meglio che in italiano!). Forse nel mio caso può sembrare esagerato parlare di “rimettersi in discussione”, ma è così che mi sono sentita indossando di nuovo i panni della studentessa a un passo dagli “anta”.
Non avendo corsi a disposizione nella mia città ho optato per un corso online, promosso dal Coordinamento Nazionale per la Jugoslavija (Jugocoord Onlus) e tenuto da Valentina Sileo, docente e traduttrice. Abbiamo una lezione di due ore alla settimana su una piattaforma online dove possiamo vederci, parlare, ascoltarci e correggere i compiti insieme. L’approccio del corso è pratico e immersivo e aiuta a imparare in fretta, ma vorrei comunque avere più tempo da dedicare allo studio, specialmente in questa prima fase, e invece… il più delle volte faccio i compiti in pausa pranzo, ripeto i verbi la sera a casa mentre cucino, cerco di memorizzare subito tutte le cose nuove che entrano, non sempre riuscendoci.
Mi sento piuttosto bipolare a passare dalla sicurezza di chi lavora tutti i giorni (da un po’ di anni) con due lingue straniere all’essere quasi completamente smarrita e avere come unico riferimento quei pochi vocaboli che ho fissato finora. A tratti è frustrante. Essere una traduttrice professionista e una scolaretta balbettante nella stessa giornata? Non mi sembra nemmeno di essere la stessa persona.
E ho ragione! Perché quando ho abbozzato le mie prime parole in serbocroato, è stato in un certo senso come se fossi appena venuta al mondo.
Dopo i saluti, i numeri e altre espressioni basilari, in una delle prime lezioni mi sono imbattuta in una parola nuova: kišobran. Deriva da kiša, pioggia, e dal verbo braniti, difendere, e mi è stata simpatica da subito. Ha un sapore molto più epico del suo traducente italiano, ombrello: suona proprio come un impavido cavaliere pronto a battersi per proteggere il suo re dalle intemperie. Magari mi è rimasta impressa solo perché la pioggia ha abbondato negli ultimi mesi, o forse è uno di quei buffi espedienti che il cervello usa per appiccicarsi addosso nozioni. Ho semplicemente notato questo dettaglio, e ho sorriso. Da quel momento ho rivalutato la mia seconda vita da studentessa: ovviamente continuando a sentirmi confusa, qualche volta addirittura smarrita, ma anche curiosa ed entusiasta come non ero da tempo.
State pensando di imparare quella lingua che vi ha sempre affascinato e non avete mai osato approcciare? Faccio il tifo per voi! Non solo perché siamo in pieno periodo di buoni propositi. Trovo sia una medicina perfetta per chiunque abbia perso entusiasmo e voglia di perfezionarsi, e anche per chi si sente troppo sicuro di sé. Ed è il mezzo di trasporto ideale per iniziare a esplorare un nuovo mondo, attraversando tutte le moltitudini che contiene, fino ad arrivare al suo cuore.

Letizia Merello esordisce come aspirante traduttrice letteraria e finisce per specializzarsi in traduzione scientifica passando per il settore turistico e cosmetico, infine approda alla traduzione brevettuale. È entrata nel team di ASTW nel 2015, dopo diversi anni di esperienza come traduttrice freelance. Specializzata in traduzioni tecniche e scientifiche ma appassionata di traduzione letteraria, sfrutta al meglio la sua “doppia personalità” nei progetti più creativi.
L’illustrazione di copertina è di Claudia Plescia.
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