Language is a virus
Quando scrivo per Attraverso, mi piace mantenere la mia promessa iniziale e parlare di argomenti che abbiano a che fare con il mio lavoro, ma che vadano allo stesso tempo un po’ fuori dal seminato, raccontando qualcosa di me e del mio microcosmo.
Be’, questa volta vi regalo una chicca: ho trovato un gioco incentrato sul linguaggio che, sono certa, appassionerà non solo gli “addetti ai lavori”, ma chiunque sia affascinato dalle dinamiche interne a una lingua: come nasce, in che modo si evolve, quando muore.
Si tratta di Dialect, uno storygame di Thorny Games LLC, sviluppato da Hakan Seyalioglu e Kathryn Hymes, edito in Italia da Narrattiva con la traduzione di Daniele Fusetto. Un gioco di cui ho aspettato molto impazientemente la ristampa e che ci propone una missione particolare: la creazione e l’evoluzione di una lingua.

Si inizia con la creazione di una piccola comunità, detta Isolamento, e definita da tre Aspetti che la caratterizzano, quindi ogni giocatore crea un personaggio a partire da un Archetipo. Arrivati a questo punto, l’Isolamento attraverserà tre epoche, di creazione e modifica attiva della lingua, e un epilogo, in cui si tireranno le somme: sulla comunità, sulle vicende personali dei nostri personaggi, su ciò che abbiamo lasciato. Ad ogni turno, ogni giocatore potrà proporre le sue parole, che dovranno essere connesse agli aspetti che caratterizzano l’Isolamento e seguire altri requisiti indicati nelle carte. I termini e le espressioni coniati verranno usati subito dai personaggi per dialogare fra di loro: in questo modo nasceranno alleanze, emergeranno conflitti e i giocatori racconteranno insieme la storia dell’Isolamento, fino all’epilogo.
Per chiara deformazione professionale, inventarmi le parole è stata la mia parte preferita del gioco, ma la performer che si nasconde (molto bene, direi) dentro di me ha apprezzato moltissimo anche la parte di “collaudo” attraverso la lingua parlata: è proprio durante questa che si capisce subito quali parole funzionano e quali resteranno lettera morta, ed è stato interessantissimo scoprirlo facendosi interpreti e, allo stesso tempo, osservandosi da fuori. In qualche modo il linguaggio è un virus, per dirla alla Laurie Anderson: si propaga attraverso il contagio, e ha bisogno di un ospite: la nostra realtà.

O forse è vero il contrario? Man mano che la partita va avanti, un’espressione cade in disuso e con essa un aspetto della comunità, e non sempre è chiaro quale sia la causa e quale sia l’effetto. Di sicuro, le parole che hanno più successo sono quelle semplici, legate a un aspetto concreto della vita. Un esempio? L’ambientazione della mia prima partita è stata lo scenario L’Avamposto, una spedizione abbandonata su Marte. La nostra piccola civiltà si è sviluppata nel sottosuolo, e due dei termini che hanno passato il test del tempo, assumendo in ogni epoca accezioni diverse, sono stati ingrottarsi e sgrottarsi. Ve la sentite di azzardare una traduzione?
Vale la pena di concludere questa breve panoramica su Dialect con alcune avvertenze: la probabilità di andare ben oltre le 3-4 ore previste dal manuale di gioco per una partita è elevatissima. Può causare desiderio impellente di giocare di nuovo al più presto e grande nostalgia quando la partita sarà finita e metteremo via con amorevole cura tutti i post-it con le parole che abbiamo creato (gettarli via non rientra tra le opzioni contemplate!).

Un gioco come questo non è solo un esercizio di stile per feticisti del verbo, ma ci rivela moltissimo di come manipoliamo la lingua nel nostro quotidiano per piegarla alle nostre esigenze personali. E ci pone una domanda saliente: se un giorno tutto cambiasse, noi e le nostre parole ce la faremmo a sopravvivere?

Letizia Merello esordisce come aspirante traduttrice letteraria e finisce per specializzarsi in traduzione scientifica passando per il settore turistico e cosmetico, infine approda alla traduzione brevettuale. È entrata nel team di ASTW nel 2015, dopo diversi anni di esperienza come traduttrice freelance. Specializzata in traduzioni tecniche e scientifiche ma appassionata di traduzione letteraria, sfrutta al meglio la sua “doppia personalità” nei progetti più creativi.
L’illustrazione di copertina è di Claudia Plescia.