Come molti di voi già sapranno il mondo dell’editoria e quello della traduzione navigano in acque tempestose. Mi riferisco chiaramente al caso Amanda Gorman, giovane poetessa afroamericana, e ai dibattiti nati in merito a chi fosse degno o meno di tradurre le sue opere.
Le più importanti testate giornalistiche mondiali parlano di quello che, con ogni probabilità, è l’avvenimento più discusso del mondo della traduzione. Da El País a Le Figaro, da La Stampa al Corriere, il caso Amanda Gorman fa discutere e trascina con sé polemiche e lotte che vanno oltre il lavoro del traduttore.
Amanda Gorman, “The hill we climb”
Vincitrice nel 2017 del premio più prestigioso per i poeti emergenti, il National Youth Poet Laureate, Amanda Gorman ha raggiunto il grande pubblico anche grazie alla sua presenza, lo scorso 20 gennaio, alla cerimonia di insediamento del 46° presidente degli Stati Uniti. In questa occasione la giovane poetessa afroamericana ha recitato la sua poesia The hill we climb, un inno per l’uguaglianza e l’unità, non solo nazionale.
Il caso editoriale
Dopo il grande successo ottenuto dalla scrittrice americana, numerose case editrici hanno voluto proporre la versione tradotta della raccolta di poesie della Gorman.
In Olanda, la casa editrice Meulenhoff ha deciso di affidare la traduzione alla giovane linguista e poetessa Marieke Lucas Rijneveldt, la quale a seguito di varie polemiche ha deciso di rinunciare all’incarico. Polemiche che non riguardano la competenza o la preparazione di Marieke, vincitrice nel 2020 dell’International Booker Prize, bensì il suo colore della pelle considerato inappropriato. In molti hanno ritenuto che una traduttrice bianca non potesse trasmettere pienamente i messaggi della poetessa afroamericana e che si fosse persa l’occasione di dar voce alle tante traduttrici olandesi di colore.
In Spagna, la casa editrice Univers ha scelto Victor Obiols, traduttore catalano che ha tradotto, tra le altre cose, Shakespeare e Oscar Wilde. A lavoro concluso, però, gli è stata comunicata la decisione di non pubblicare il testo da lui tradotto. Anche in questo caso la revoca dell’incarico non si basa su una mancanza di professionalità ma su una presunta incompatibilità in quanto uomo bianco di mezza età. «Non hanno messo in dubbio le mie capacità, ma nonostante io fossi stato incaricato da subito mi hanno poi risposto che cercavano un profilo diverso, cioè una donna, giovane, attivista e preferibilmente nera» come Obiols stesso sottolinea.
L’opinione di un traduttore (la mia)
Personalmente sono sempre stato d’accordo con i miei professori universitari, i quali mi hanno insegnato che il lavoro del traduttore raggiunge il suo apice quando il lettore non si accorge della sua presenza.
Il traduttore opera quando la lingua utilizzata dall’autore per veicolare le proprie idee all’interno della sua opera risulti incomprensibile a determinati lettori.
Il compito del linguista è quello di trasporre, in alcuni casi riscrivere, il testo di partenza. Il fine è quello di permettere al lettore di comprendere il messaggio, con tutte le sfumature che l’autore originario esprime nella propria lingua madre.
Da questa premessa traspare il mio pensiero in merito a questa vicenda. Non credo che il criterio principale nella scelta di un traduttore riguardi il suo background, nonostante questo possa essere un fattore importante. Ritengo che un qualsiasi professionista debba essere giudicato in base alla preparazione, professionalità e competenze. Altrimenti, nessuno avrebbe potuto tradurre Omero, e nemmeno la Bibbia. Altrimenti, nessuna donna potrebbe tradurre Bukowski e nessun uomo potrebbe tradurre J.K. Rowling.
Nonostante condivida la lotta contro ogni disuguaglianza sostengo che il modo migliore per contrastarla non sia quello di crearne di nuove. Per citare lo stesso Obiols “mi rendo conto che c’è un torto secolare che si è perpetrato. Ma in fondo io, nel mio piccolo, sto subendo quello che hanno patito le persone di colore per secoli: la discriminazione per questione di razza, genere ed età”.
Il traduttore traduce l’opera dell’autore, non ne vive la vita.